L’intelligenza artificiale può essere definita, concretamente, come l’abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi o svolgere compiti e attività tipici della mente e delle abilità umane.
Ma in che modo essa può impattare nel settore pharma?
È stato questo uno dei temi caldi del Biopharma Network Annual Summit.
Il Dr. Christian Parmigiani, CEO 4Ward e Consigliere Delegato di Impresoft Group, ha spiegato per esempio come, nella diagnostica per immagini, fino a qualche anno fa, un pool di specializzati era in grado di battere un algoritmo di intelligence sulla determinazione di alcune patologie. Ebbene, oggi questo rapporto si è invertito: i sistemi di AI possono essere più efficaci di un pool di specialisti poiché un algoritmo può essere disponibile su vasta scala, anche in zone dove oggi la disponibilità di medici è inferiore.
Un altro esempio concreto. Nel mondo del farmaco il fatto di riuscire ad analizzare i dati in una maniera più efficiente del passato, con sistemi previsionali basati su algoritmi statistici e matematici, consente di velocizzare i tempi di ricerca, ottenendo un abbattimento dei costi con un impatto a catena sull’industria farmaceutica.
Ma quando sono le macchine a decidere al posto dell’uomo, quali considerazioni etiche devono essere fatte?
Innanzitutto, spiega Parmigiani, è necessaria una regolamentazione profonda che deve avvenire in tempi celeri per non rallentare l’impatto tecnologico che corre a una velocità maggiore. Alcune sono regole di buon senso, come il fatto che queste tecnologie devono permettere l’inclusività, creando miglioramento per un campione di persone più ampio possibile.
Inoltre, è centrale capire i fondamenti con cui l’AI viene “addestrata” ed essere certi che la decisione presa dalla macchina, quando impatta sull’uomo, sia quantomeno al pari della decisione che prenderebbe l’essere umano, se non migliore, come evidenzia il Dr. Matteo Flora, Docente in “Corporate Reputation & Storytelling” e CEO di The Fool.
Ma la tecnologia può intervenire sulla nostra salute anche diventando parte di una soluzione terapeutica. È questo l’assunto che sta alla base dei Digital Therapeutics: una delle ultime frontiere della ricerca, dove la tecnologia digitale diventa essa stessa farmaco.
Come ha spiegato il Dr. Carlo Salvioni, Vicepresident Strategy & Operations di IQVIA Italia, è fondamentale che queste tecnologie vengano clinicamente validate così da distinguere un’app che riguarda la salute dalle terapie vere e proprie. Le terapie digitali possono essere applicate a contesti quali la salute mentale, su cui è attualmente in corso una corposa attività di ricerca, ma anche ai problemi neurodegenerativi motori. L’interazione frequente e pervasiva, sul cellulare, con il paziente può permettere, infatti, di cambiare i comportamenti di quest’ultimo così da ottenere un effetto terapeutico clinicamente validato.